Nei giorni scorsi ricorreva il 50° anniversario della scomparsa di Raffaele Cadorna, figlio del generale Luigi Cadorna, capo di stato maggiore dell'esercito italiano durante la prima guerra mondiale, e nipote di Raffaele Cadorna, comandante delle truppe italiane nella presa di Roma (20 settembre 1870). Una stirpe di generali che ha partecipato in veste di protagonista nella storia italiana di un intero secolo. Anche Raffaele junior infatti fu uno dei principali protagonisti della Guerra di Liberazione.
Nato a Pallanza nel 1889, seguì fin da giovanissimo la tradizione familiare: fu infatti indirizzato nella carriera militare frequentando il corso allievi ufficiali di cavalleria all'Accademia militare di Modena. Dal 1920 al 1924 fece parte della commissione militare interalleata in Germania incaricata di tracciare i nuovi confini.
Successivamente, dal 1929 al 1934, fu addetto militare a Praga mentre nel 1937 divenne comandante del Savoia Cavalleria.
Nel 1942 fu nominato Comandante della scuola di applicazione di cavalleria di Pinerolo e in seguito comandante della Divisione Corazzata “Ariete II”, con il grado di generale di brigata. In tale veste nel settembre 1943, all'indomani dell'armistizio di Cassibile, si trovò coinvolto nella difesa di Roma: in quella situazione confusa decise di non affrontare le forze tedesche, ritenendo che il suo reparto non era nelle condizioni di poter fronteggiare adeguatamente i reparti germanici. Gli ambienti militari non mancarono di rimproverare, anche nel dopoguerra, la poca energia e l’indecisione dimostrata dal Generale Cadorna al comando della propria divisione nei giorni successivi all’armistizio.
Caduta la capitale in mano germanica, eluse la cattura collegandosi con il Centro militare clandestino del colonnello Montezemolo.
Nell'agosto 1944, dopo essere stato paracadutato in Nord Italia e aver raggiunto Milano, Cadorna assunse il ruolo di consulente militare del comando su mandato del governo Bonomi e del Comando Alleato.
Il suo arrivo modificò gli equilibri interni al CVL, che fino a quel momento erano stati retti principalmente da Longo e Parri (PCI e PdA), venendosi a creare una direzione a tre.
Il 7 dicembre 1944 fu firmato a Roma un accordo noto come Protocolli di Roma, fra una delegazione del CVL in rappresentanza del Comitato di Liberazione Nazionale Alta Italia e gli Alleati sulla struttura e il funzionamento del comando, che vedeva Cadorna come comandante e Parri e Longo come vice-comandanti per le operazioni, con il controllo di fatto della maggior parte delle formazioni combattenti. Nell'insurrezione dell'aprile '45 trattò la resa delle forze armate fasciste.
Il 4 luglio 1945 fu nominato capo di stato maggiore del Regio esercito (fu l'ultimo ad avere tale incarico). Venne confermato nel ruolo anche quando l'Italia diventò una repubblica.
A luglio 1947 fu chiamato come presidente della "Fondazione Corpo Volontari della Libertà" e nel marzo 1948 fu eletto presidente della neo-costituita Federazione Italiana Volontari della Libertà, carica che mantenne fino al 1960.
Nell'aprile 1948 fu eletto senatore come indipendente nella liste della Democrazia Cristiana. Si iscrisse al gruppo misto e fu presidente della commissione difesa. Venne rieletto al Senato nel 1953. e nel 1959. Dal 1961 fu ancora presidente della commissione difesa, fino a conclusione della legislatura nel 1963. Morì a Verbania il 20 dicembre 1973.