In questi ultimi giorni ha fatto molto clamore l’articolo apparso sul quotidiano “La Repubblica” di sabato 17 dicembre, a firma di Pietro Mastrolilli, dal titolo: Mattei visto dalla CIA: "Era fascista e pagò la DC per fingersi partigiano". A tale articolo sono seguite numerose prese di posizione sulla spinosa vicenda che ha visto intervenire in particolare alcune Associazioni partigiane.
Tutto nasce dal fatto che nei giorni precedenti erano stati pubblicati dal National Archives di Washington 13.173 documenti secretati sull’omicidio del Presidente Kennedy. Uno dei documenti è il rapporto dell’11 agosto 1955 che il capo della Cia a Roma, Lester A. Simpson, invia alla casa madre della “Company” e intitolato “U.S. Embassy and Italian Petroleum Industry”.
Il rapporto si dilunga sull’ostilità che il presidente dell’ENI Enrico Mattei dimostrava nei confronti delle “Sette Sorelle” le grandi compagnie petrolifere, in prevalenza americane. Fin qui nulla di nuovo: sono noti i contrasti che Mattei ebbe con le grandi compagnie, contrasti che accompagnarono il presidente dell’ENI fino alla sua scomparsa nell’ottobre del 1962.
Ma in fondo al rapporto vengono riportate alcune notizie che riguardano personalmente Enrico Mattei ed in particolare la sua adesione alle formazioni partigiane: “Mattei stesso era un fascista fino al 1945. Aveva iniziato a lavorare nella Resistenza solo dopo l’8 settembre, facendo però attenzione allo stesso tempo a conservare i rapporti con i tedeschi. (…) Quando era diventato chiaro che la vittoria degli Alleati era certa, Mattei aveva pagato cinque milioni di lire a un leader partigiano della DC, per ottenere il titolo di capo partigiano della DC ed il grado di generale della Resistenza nel CLN. La sua nomina era stata approvata dal generale Cadorna e dal colonnello Argenton ora braccio destro di Mattei.”
Così dunque il “succo” dell’articolo di Mastrolilli che ha fatto immediatamente reagire le Associazioni che rappresentano le formazioni partigiane che videro Mattei come protagonista.
La FIVL con un proprio comunicato ha evidenziato come “Queste notizie paiono palesemente false e suscitano indignazione, perché la vita di Enrico Mattei - soprattutto durante la Resistenza - è stata chiara e trasparente. Non si è finto partigiano, ma "ha fatto il partigiano", combattendo alla testa dei suoi uomini, venendo imprigionato, pagando sempre di persona per i rischi corsi.”
Analogamente l’Associazione Nazionale Partigiani Cristiani parla di “Un cumulo di verbi al condizionale non consente di attribuire veridicità a quanto scritto su Repubblica del 17 dicembre sul Presidente dell’ENI Enrico Mattei (…). Si cumulano notizie sulla politica italo-americana degli anni cinquanta, senza avere accertato la veridicità dei documenti CIA. La verità storica dice ben altro” riferendo sull’attività svolta da Mattei a partire dal 1943 quando prese contatto con gli esponenti della nascente Democrazia Cristiana, e l’attività svolta nei mesi successivi che lo portò ad essere il rappresentante delle Brigate Verdi nell’ambito del CLN.
Evidentemente il “Rapporto Simpson” aveva attinto, o probabilmente confezionato di sana pianta, notizie che non trovano riscontro con la verità storica.
Possiamo anche considerare che non costituisce una novità che i servizi segreti siano specializzati nel costruire dossier addomesticati utili alle situazioni ed ai conflitti che si presentano in un dato contesto storico ed ambientale.
Comprendiamo molto meno che i giornalisti enfatizzino notizie che dovrebbero essere controllate, a partire dai dati storicamente accertati e correttamente contestualizzati, evitando di indulgere o dar credito a ricostruzioni fuorvianti solo per ricercare l’effetto di spettacolarizzazione della notizia. Una risposta può venire dalla caduta verticale di lettori e copie vendute che da alcuni anni sta subendo la carta stampata, e quindi possiamo far rientrare anche questo articolo fra gli scoop necessari per far vendere qualche copia in più….
Ci sono stati però anche interventi che hanno fornito una spiegazione diversa: ad esempio lo storico dell’economia Giulio Sapelli, ha affermato: “L’intelligence lavora con il materiale che ha: il fango. Il vero impegno è vagliarlo, distinguere il vero dal falso. E chi trova questi documenti decenni dopo non può prenderli così, senza leggerne il contesto. Uno storico lo sa: trovare una fonte non significa trovare la verità". Ed ha continuato: “Una storia tutta italiana, che non arriva a caso, ma colpisce il governo nel momento in cui Giorgia Meloni parla di un piano Mattei per l’Africa. E questo evidentemente non piace. A partire dalla Russia, dalla Cina e dalla Turchia".