L’APO RICORDA ANTONIO COMELLI NELLA RICORRENZA DEL 100° ANNIVERSARIO DELLA NASCITA
Antonio Comelli il partigiano "Corte" esponente di spicco della classe dirigente "osovana"
Oggi 5 aprile ricorre un anniversario che l’Osoppo non poteva lasciar passare senza un momento di riflessione: infatti in quel giorno del 1920 nacque a Nimis Antonio Comelli, destinato a diventare il protagonista assoluto della politica nel periodo che va dalla nascita della Regione (1964) fino ai primi anni Novanta, quando si concluse l’esperienza della Democrazia Cristiana.
Di lui si è detto giustamente molto: protagonista della ricostruzione soprattutto, grande conoscitore della realtà regionale, paziente tessitore e regista per decenni delle scelte politiche del Friuli Venezia Giulia, punto di equilibrio fra il mondo friulano e quello triestino. Poco si è detto su Antonio Comelli partigiano “Corte” della Brigata Osoppo. Meno ancora, anzi nulla si è detto del profondo rapporto che è intercorso fra l’Osoppo Friuli e la classe politica (democristiana e non) del dopoguerra.
Sul primo aspetto del Comelli partigiano, l’amico Lionello D’Agostini ha raccolto le notizie e le informazioni di cui disponiamo e ne ha tratto una pregevole relazione, evidenziando un aspetto non da poco: Antonio Comelli fu fra i primi ad aderire alla Brigata Osoppo. Nel suo attestato di servizio (che fu steso nei mesi successivi alla fine della guerra) risulta infatti che la sua adesione alla Osoppo risale al febbraio 1944. Per capirci: la decisione di costituire l’Osoppo risale al mese di dicembre 1943; seguirono poi alcune settimane di contatti e riunioni clandestine per unificare i vari gruppi (le cosiddette “bande”) che portarono a marzo alla costituzione del primo reparto osovano. Corte era quindi già parte di questo sommovimento iniziale che si stava organizzando per diventare un vero e proprio esercito clandestino armato.
Ma ciò che merita a mio avviso analizzato è questa (passatemi e perdonatemi il termine ma non ne ho trovato un altro adeguato…) “osovanità” della maggior parte della classe dirigente politica del dopoguerra. Basta fare alcuni nomi: oltre a Comelli, Alfredo Berzanti, Piergiorgio Bressani, Mario Toros, Giuseppe Tonutti, Emilio Del Gobbo, Libero Martinis, Giacomo Romano, Titta Metus, Enzo Moro e molti altri ancora che hanno rivestito cariche di responsabilità a livello regionale e locale. Tutti costoro facevano parte della Brigata Osoppo (e quindi partigiani combattenti) oppure erano dei fiancheggiatori (che vengono definiti patrioti). Per la maggior parte essi diventarono esponenti democristiani, ma anche socialisti, socialdemocratici e liberali.
In questo contesto Antonio Comelli e Mario Toros, rappresentano i vertici di questa generazione politica. Antonio Comelli e Mario Toros, capeggiavano come noto due più importanti componenti della Democrazia Cristiana friulana, trovandosi spesso in posizioni di contrapposizione interna. Comelli faceva riferimento a Moro, Mario Toros invece a quella componente che a livello nazionale era guidata da Carlo Donat Cattin.
Quasi coetanei (nato nel 1920 Comelli, nel 1922 Toros), formati entrambi nell’ambiente della Brigata Osoppo, sanno interpretare veramente al meglio le idealità che l’Osoppo Friuli ha potuto esprimere nei 18 intensi e drammatici mesi della sua esistenza e che trova radicamento nella Dottrina sociale della Chiesa. Antonio Comelli appartiene al gruppo di Moro, che viene considerato più vicino al mondo intellettuale così come Mario Toros appartiene ad un mondo considerato più popolare, vicino al mondo sindacale e del lavoro di estrazione cattolica.
Antonio Comelli però prima di tutto è di Nimis e noi tutti sappiamo che Nimis è da sempre un luogo un po’ speciale: luogo di cerniera e di confine fra mondo slavo e friulano. Il detto friulano “E son i boins, i trisc e chej di Nimis” ci indica in modo scherzoso il DNA di questo popolo, così legato e geloso della sua terra e della sua comunità, che nel corso dei secoli è stato il “luogo” per difendersi dalle ricorrenti invasioni, guerre e ogni altra sciagura che periodicamente si abbatte sulla nostra Regione. Proprio Antonio Comelli scrive nel 1985 nella presentazione di un libro: “Questa nostra Regione così difficile, così complessa, che ha conosciuto e vissuto tante vicende tremende ed amare. Quante bufere non sono passate sulle nostre terre?”. Come non intravvedere in queste parole il senso della tragicità della storia tramandato dal sentire della sua gente?
Proprio questo forte attaccamento alla sua terra a me pare una caratteristica fondamentale dell’agire di Comelli.
Certo egli appartiene ad una componente culturale e politica “intellettuale” ma la concreta azione di governo trova la sua solidità in questo radicamento alla sua gente. “Pai nestris fogolars” era il motto della Osoppo, ma lo è anche, nei fatti, della classe dirigente politica uscita dalla esperienza della Osoppo.
Questo aspetto che a me sembra determinante nella storia politica e sociale del periodo che va dagli anni Sessanta fino a metà anni Ottanta, viene colto molto bene da Giancarlo Cruder nella intervista che ci ha rilasciato in questa occasione. Giancarlo Cruder che, guarda caso, nasce e cresce a pochi chilometri da Nimis (infatti è originario e tutt’ora residente a Coia di Tarcento, anch’egli quindi come Antonio Comelli sul crinale posto a cavallo fra area culturale friulana e quella slava…) e che negli anni Novanta diventa l’ultimo Presidente democristiano della Regione.
Egli coglie questa “osovanità” di Comelli e del gruppo dirigente di quegli anni e la coglie facendo un esempio interessante e di cui bisogna capire i risvolti. Cruder infatti ricorda un caso poco citato, forse perché lontano nel tempo (ma non credo solo per quello..) ovvero la legge 1 del 1968. Cruder non lo dice esplicitamente, ma lo dico io: quella legge fu chiamata con sprezzo la “legge dei gabinetti”. E qui bisogna che ricordiamo ai più giovani quello che non possono sapere ovvero che alla fine degli anni Sessanta in Friuli, quasi tutte le abitazioni rurali (e quindi ben più della metà di tutte le abitazioni della nostra Regione) avevano ancora il gabinetto fuori dell’alloggio, ed era situato di regola sopra la vasca di raccolta dei liquami della stalla. Bisognava quindi uscire in ogni stagione caldo o freddo che fosse….
Ecco una delle prime leggi che la Regione fece fu proprio per porre rimedio a questa grave situazione igienica, per ridare dignità alla condizione di chi lavorava tutti i giorni dell’anno, senza tregua. Antonio Comelli (e la intera classe dirigente di quegli anni) vive e sente le esigenze di questo popolo, che è il “suo” popolo, quello che vive, soffre e lavora “Pai nestris fogolars”.
Questa classe dirigente “osovana” non si lascia imbrigliare dalla cultura tecnocratica che già allora inizia a dettare legge, ed evita di percorrere strade che sembravano obbligate e le cui parole chiave erano “Programmazione”, “pianificazione economica e territoriale”, vincoli e ogni genere di diavolerie che alla fine portano solo a grandi produzioni di carta come abbiamo ben visto nei decenni successivi.
Questa “osovanità” della classe dirigente costituì la fortuna del Friuli colpito nel 1976 dal terremoto. Senza questa magistrale e realistica “scuola di formazione politica”, mai il Friuli sarebbe riuscito a salvarsi da questo enorme dramma. E infatti ce lo diciamo sempre che fu un Modello mai più imitato. Ci sarà un perché questo modello ha trovato applicazione e ha funzionato solo in Friuli…
Il traumatico passaggio che avvenne nell’ottobre del 1984 segna la fine di un’epoca e non fu solo un passaggio generazionale ma fu anche un radicale cambio di rotta culturale. Non conosco a fondo tutti i retroscena di quel passaggio e quindi posso anche sbagliare, ma credo che in questo caso, le responsabilità vadano equamente suddivise fra i “vecchi” che probabilmente diedero l’impressione di non voler più cedere le leve del potere e i “giovani” che non ebbero quella dose di pazienza che forse era necessaria, come Giancarlo Cruder ci suggerisce nella sua intervista.
Credo che Comelli avesse però intravisto questo inevitabile tramonto della sua generazione “osovana” ben prima del 1984: io credo che l’allarme più evidente si fosse manifestato nell’estate del 1977, quando l’Arcidiocesi di Udine, convocò l’Assemblea dei Cristiani della zona terremotata. Se non ricordo male Comelli non fu nemmeno invitato, ma vi partecipò come delegato della parrocchia di Torlano di Nimis. Il clima, gli slogan e anche le invettive nei suoi confronti gli dovettero far capire che quel popolo non era più il popolo dei “nestris fogolars” di cui lui, assieme a tanti altri, aveva fatto parte e di cui aveva saputo interpretare lo spirito e le esigenze. Ormai era un popolo che stava prendendo altre strade.
Roberto Volpetti
Dove e quando:
5 aprile 1920-5 aprile 2020