L'APO ha ricordato l’80° anniversario dell’eccidio che ebbe luogo presso le Carceri di Udine all’alba del 9 aprile del 1945. Trenta furono le vittime di questa efferata strage che si compì a pochi giorni dalla Liberazione: infatti nella notte fra il 30 aprile e il 1° maggio proprio qui don Emilio de Roja, ricevute le chiavi del Carcere dal comandante tedesco, avrebbe liberato tutti coloro che erano reclusi perché colpevoli di essersi opposti al nazifascismo. All’alba di quel Primo maggio, don Emilio, dopo una notte passata ad aprire le celle e liberare i detenuti, potè guardare il sole che annunciava il nuovo giorno, un giorno “veramente nuovo” perché sarebbe stato il primo della ritrovata libertà.
Trenta furono le vittime, delle quali 29 erano partigiani, ed un agente di polizia, accusato di furto. Dei ventinove partigiani, due appartenevano alla Osoppo, Giunio Coloricchio, nome di battaglia “Holc” di Pozzuolo del Friuli, e Leandro Nonini, “Colombo” di Gemona del Friuli, entrambi arrestati nei primi giorni di febbraio. Gli altri 27 appartenevano alle formazioni garibaldine.
Nel corso della cerimonia che si è tenuta davanti alla lapide posta sul muro esterno del Carcere è intervenuta la MOVM Paola Del Din che ha ricordato la figura di Mario Modotti “Tribuno”, comandante della Brigata Ippolito Nievo A, in Valcellina. Di lui sono state scritte pagine dalle quali emergono la sua grande umanità, il fascino che incantava e con il quale poteva sostenere i ragazzi più giovani.
E' seguito l'intervento del Vice Sindaco di Udine Alessandro Venanzi che ha portato il saluto della Amministrazione comunale sottolineando il valore di questi gesti di memoria.
Da ultimo è intervenuto il Presidente dell'APO Roberto Volpetti: "Oggi - ha affermato - noi ci ritroviamo qui a rendere onore a questi uomini, che hanno trovato la morte, a causa della follia provocata da una guerra terribile. Ricordarli è un dovere a cui non possiamo sottrarci e dobbiamo ringraziare coloro che dedicano il loro impegno a ricostruire le vicende, il contesto in cui questi tragici fatti si svolsero. Non è una passione per la storia in quanto tale: è una passione che si rivolge a scoprire il cuore di ciò che avvenne, a capire le dinamiche, le tragedie a cui vanno incontro gli uomini quando il male e la follia prendono il sopravvento su tutto".
Era presente ll Cappellano del Carcere di Udine, padre Lorenzo Durandetto il quale ha curato il momento di riflessione spirituale.