La data del 1° maggio è legata al ricordo della Liberazione della città di Udine. Nella notte precedente il grosso dei reparti tedeschi era fuoriuscito mentre nella mattinata arrivarono i reparti inglesi che trovarono la città già presidiata dai reparti partigiani: già dal primo mattino infatti la bandiera italiana sventolava sul castello.Non mancarono alcuni violenti scontri a fuoco nella periferia cittadina con reparti germanici che si ritiravano verso nord. In quella giornata quindi si ebbero momenti di gioia, manifestazione della ritrovata libertà, e momenti anche drammatici dovuti agli strascichi degli ultimi scontri con il nemico in ritirata.
Nel tardo pomeriggio accadde il tragico fatto della morte di Vinicio Lago, “Fabio”, giovane ufficiale triestino che nel settembre 1944 era stato paracadutato nella zona del Natisone.
I suoi compiti erano quelli di collegamento tra le autorità militari del Sud e le formazioni partigiane in Friuli. Secondo Giovanni Paladin i compiti di Vinicio Lago erano di intermediario fra lo Stato Maggiore del Regio Esercito e le formazioni libere dell’Osoppo e quelle del CLN di Trieste. Vinicio Lago partecipò alle missioni coordinate da Macpherson e Nicholson. Lago operava nella pianura friulana, tenendo la sua base al Tempio Ossario di Udine, assieme a Cecilia Deganutti (Rita).
Dopo l’arresto di quest’ultima Vinicio Lago cambia identità, si camuffa con barba e occhiali, si nasconde presso il commerciante udinese Baxiu e continua la sua opera tenendo gli ultimi contatti tra il CLN e il governo italiano, fino alla metà dell’aprile ’45. Vinicio Lago si era sempre adoperato per creare un unione tra l’Osoppo e Trieste, cercava di allacciare strettissimi rapporti tattici fra le formazioni dell’Osoppo e il Corpo Volontari della Libertà (CVL) di Trieste, insisteva instancabilmente per la rapida nomina del comandante unico. Per mezzo di Vinicio Lago, Trieste strinse vincoli indissolubili con l’Osoppo in quanto entrambe miravano allo stesso scopo: il ritorno del Tricolore d’Italia su queste terre agognate dagli slavi di Tito.
L’ultima sua visita a Trieste è del 25 aprile 1945, quando gli eventi precipitano: ne approfitta per abbracciare i genitori. Sarà l’ultimo suo abbraccio a Trieste, nell’abbraccio alla mamma e al papà.E ritorna in Friuli perché il destino si compia nelle imperscrutabili sue leggi.
Il primo maggio Lago nella mattinata è a Buja, dove incontra Paola Del Din; assieme salgono sul mezzo che riporta entrambi a Udine da dove riparte alla volta di Trieste, percorrendo non la strada statale per Gorizia, la più corta, ma verso Palmanova, dove però non riesce a passare a causa dei reparti tedeschi che ancora stanno transitando.
Rientra quindi verso Udine e all’altezza dei mulini sul Ledra in viale Palmanova vi fu lo scontro a fuoco in cui trovò la morte.
Il recente libro di Andrea Legovini “Vinicio Lago. La verità sospesa” ha riportato alla ribalta il “Caso Lago”: infatti sulla sua morte la storiografia ha riportato alcune versioni, molto contrastanti una dall’altra. Il libro ha consentito una ricostruzione approfondita della vicenda, riportando alla luce la testimonianza, rilasciata in forma giurata nel 1945, del partigiano della Osoppo, Levino Miotti, originario di Cassacco, che era assieme a Vinicio Lago al momento della sparatoria nella quale rimase anch’egli ferito.
La testimonianza attribuisce in modo attendibile che gli spari che colpirono Lago e Miotti provenivano da un gruppo di garibaldini. Vinicio morì dopo alcune ore presso l’ospedale civile udinese, ma nella confusione di quelle giornate i suoi genitori non riuscirono a sapere nulla di lui. Solo qualche mese dopo si ritroveranno i fili che condussero al suo riconoscimento e alla sua definitiva sepoltura a Trieste.
Il suo ricordo quest’anno è particolarmente significativo: la pubblicazione del libro di Andrea Legovini, resa possibile grazie alla collaborazione fra la Lega Nazionale di Trieste e l’Associazione Partigiani Osoppo, ha riportato alla ribalta questo caso, che sembrava ormai sepolto negli archivi storici.