IL RICORDO DI MARIO MIGLIORANZA "PINTO"

Il maggiore udinese Mario Miglioranza venne ucciso dai tedeschi il 22 giugno 1944
In questi giorni ricorre l’anniversario della morte di un osovano udinese: Mario Miglioranza, nome di battaglia “Pinto”, medaglia d’argento al valor militare. Di lui il prof. Sergio Sarti scrisse nel 1992 un libretto nel quale sono state raccolte le informazioni e le notizie che fu possibile recuperare, non molto in realtà e ciò probabilmente si spiega, almeno in parte, con il fatto che, già in quell’anno non vi erano più suoi familiari residenti a Udine. Infatti anche la figlia Luciana, nata nel 1931, a metà degli anni Sessanta risultava cancellata dall’anagrafe udinese, in quanto emigrata in Australia.
Mario Miglioranza era nato nel 1896 a Cadoneghe in provincia di Padova. Si presentò volontario alle armi e quindi partecipò a tutta la Prima guerra mondiale nell’arma di fanteria. Finita la guerra rimane nell’esercito e inizia una carriera che lo porta prima nelle colonie italiane d’Africa, poi divenuto ufficiale, viene trasferito in vari reparti e città: Verona, Ferrara, Cesena, poi Udine nel 1936 dove rimane fino al 1939 quando viene di nuovo trasferito, questa volta a Treviso. Nel frattempo si sposa con la udinese Eufemia Commessatti e stabilisce la residenza della famiglia a Udine. Allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale il capitano Miglioranza viene inviato in Albania e Grecia, dove rischia seriamente la vita. Al rientro dal fronte greco albanese viene incaricato di ricostruire il 121° reggimento di fanteria, diventando aiutante maggiore. In tale veste viene inviato prima in Slovenia e poi in Croazia dove lo coglie l’armistizio dell’8 settembre.
Nella documentazione che ci ha lasciato il prof. Sarti abbiamo ritrovato la relazione di un ufficiale collega di Mario Miglioranza, Corrado Bertagnolio, il quale racconta le drammatiche vicende della divisione “Macerata” intrappolata nella conca di Fiume e circondata dai partigiani titini. L’enorme confusione e la mancanza di indicazioni, porta allo sbandamento della Divisione i cui effettivi si disperdono. Gli ufficiali, fra i quali Mario Miglioranza, furono fatti salire dai tedeschi su un piroscafo che fece prima scalo a Pola, poi a Trieste per approdare a Venezia. Da lì gli ufficiali furono caricati sui carri bestiame alla volta della Germania. Successe però che lungo la linea per Tarvisio qualcuno sollevò i chiavistelli dei vagoni permettendo agli ufficiali di scappare. Probabilmente Miglioranza riuscì a scendere a Udine o perlomeno riuscì in qualche modo a rientrare in città.
Fin dal suo rientro a Udine, Miglioranza iniziò a collaborare con gli ambienti che alcune settimane dopo portarono alla formazione della Osoppo Friuli: il suo nome di battaglia sarà “Pinto”. E’ indubbio che ci troviamo di fronte ad un uomo che ha accumulato una vasta esperienza della guerra: una esperienza che gli fa comprendere l’importanza delle informazioni e del supporto logistico (generi alimentari, munizioni, vestiario, materiale sanitario). Un’opera complessa e ardua, appunto perché si gioca in città e quindi come dice Sarti “comporta rischi più subdoli e angosciosi: si agisce sotto gli occhi del nemico, il vicino di casa può essere una spia, il passo che risuona nella notte, dopo il coprifuoco, può essere quello della pattuglia che viene ad arrestarti.” La relazione di Giovanni Bazzoni su Mario Miglioranza dice: “Il Miglioranza ebbe l’incarico di costituire nuclei di resistenza in città, di raccogliere armi, munizioni, viveri e vestiario che, a mezzo dei suoi uomini, inviava in montagna.” Sarti annota che il gruppo di uomini che a lui facevano riferimento abitavano nel sobborgo di San Rocco, adiacente a Viale Venezia, dove Miglioranza abitava. “Pinto” esercitava la sua attività con una certa strafottenza: con la sua malandata bicicletta usava passare per le vie della città, tra gli sguardi di compatimento degli ufficiali repubblichini, i quali non immaginavano che nel sacco gettato con noncuranza sul telaio non c’erano farina e fagioli, ma gavette e bombe a mano. Miglioranza aveva poi ingresso libero nelle caserme: ciò gli consentiva di rastrellare armi da mandare in montagna. Evidentemente questa attività, seppur mascherata, non poteva passare inosservata. Il 19 giugno 1944 il primo arresto: “Pinto” si trovava a Campoformido per raccogliere armi e grano per la Osoppo. La sera stessa viene rilasciato: non si comprende bene cosa sia successo e come mai avviene questa liberazione. Sarti ritiene che sia stato lasciato andare per poterlo sorvegliare ed arrivare così ad altri esponenti della Resistenza. Certo è che l’arresto definitivo avviene il successivo 21 giugno con una drammatica sequenza che inizia con la perquisizione di una stanza situata in via Cormor Alto che il Miglioranza aveva affittato per poter depositare il materiale che non voleva tenere in casa. La proprietaria della stanza indica il nome di Miglioranza e accompagna i poliziotti tedeschi alla casa di Viale Venezia 77 dove abitava. Il tentativo di fuga si dimostra inutile e “Pinto” viene arrestato e condotto presso la Gendarmeria tedesca dove fu lungamente interrogato e ridotto in fin di vita, morendo nella notte del 22 giugno. Un medico stese l’atto di morte attribuendola a suicidio impiccandosi con la cravatta appesa al catenaccio della porta della cella. Le evidenze del cadavere, visto dalla moglie il giorno 23 giugno, indicano che egli venne ucciso. Il Comando della Osoppo il 4 luglio fece pervenire alla moglie un messaggio nel quale ricordava uno dei suoi “migliori e più arditi ed infaticabili uomini, perduto mentre tutto si prodigava per l’idea ch’egli viveva con la più alta intensità.” Mario Miglioranza non ha lasciato scritti e non sappiamo nulla di più di quello che è stato scritto nelle relazioni stese dagli osovani dopo la morte: indubbiamente colpisce la sua straordinaria dedizione. Colpisce anche la durezza della polizia tedesca che probabilmente si è resa conto di trovarsi di fronte ad un uomo che aveva un ruolo non da poco. Il fatto che si provveda ad ucciderlo appena arrestato ed in quel modo, lascia intendere che la polizia gli attribuì un ruolo molto più importante di quello che l’apparenza indicava. Qualcuno potrà considerare che la figura di Mario Miglioranza “Pinto” non trovi una sua collocazione adeguata nella storia osovana: può essere in parte vero e io credo che questo “silenzio” su di lui certamente dipenderà dal fatto che non vi sono documenti che comprovino quello che lui e il suo gruppo hanno fatto.
Una prima considerazione in merito è che la Osoppo comunque volle riservare un particolare onore alla sua figura: venne a lui intitolata la brigata che operava nella zona di Udine, e fu proposta per lui la medaglia d’oro (gli venne concessa quella d’argento).
La seconda considerazione è che questa mancanza di documenti e attestazioni a mio avviso rende ancora più onore al suo operato: il fatto che nulla sia trapelato sul lavoro di raccolta di armi e generi alimentari, unito alla stima che circondava la sua persona, è la migliore garanzia di quanto importante ed efficace sia stato questo oscuro lavoro. Vorrei concludere questo ricordo proprio con una riflessione a proposito del valore da attribuire alla documentazione scritta ai fini della ricostruzione storica. Ritengo che il peso dei documenti scritti vada sempre preso con le dovute cautele; riporto una frase di don Emilio de Roja che mi ha sempre colpito e che ho trovato scritto su una lettera del 4 marzo 1990 indirizzata a mons. Aldo Moretti: “Mi permetto di asserire che non è garanzia di verità storica ciò che è scritto e solo ciò che è scritto: sono verità anche quelle che si tacciono per dimenticanza ed anche quelle che si tacciono di proposito: in quei tempi certa storia scritta si bruciava o si masticava e si inghiottiva”. La frase di don Emilio non era riferita a Mario Miglioranza, ma vale anche nel suo caso e anche per tanti altri silenziosi eroi della nostra storia.
 Roberto Volpetti
Dove e quando:
Udine
22 giugno 1944 - 22 giugno 2020
Mario Miglioranza "Pinto" (1896-1944)