Il 16 ottobre ricorre l’anniversario della scomparsa, avvenuta a Udine nel 1989, di Maria Casati, la coraggiosa osovana “Zarasa”, sopravvissuta alla deportazione nei lager nazisti.
Nata in città il 29 aprile 1925 dalla madre Ines Clocchiatti e dal padre Emilio, il patriota “Cose” della 10° Brigata “Miglioranza”, Maria entra a far parte della “Osoppo” nell’estate del 1944. Per ragioni che non ci sono note, “Zarasa” prende la via dei monti del Friuli occidentale, diventando caposquadra, probabilmente in armi, del Battaglione “Vittoria” (5° Brigata), acquartierato a Cimolais. Un ruolo non frequente per una donna nelle formazioni osovane.
Le sue capacità devono essere molto apprezzate dai superiori se dal reparto viene promossa caposervizio del comando divisionale in Val Tramontina, per il quale è dattilografa, staffetta e infermiera. Nelle sue memorie, Cino Boccazzi “Piave” la ricorda infatti come “quella brava ragazza che lavorava per noi ed era per noi una sorella”.
Il 13 dicembre ’44, nel corso dell’offensiva nazifascista che investe la valle, Maria viene catturata dai cosacchi sul Col di Luna mentre assiste Gino Mittoni “Monti”, l’intendente generale della “Osoppo”, ferito in uno scontro a fuoco.
Incarcerata in Via Spalato il 27 dicembre, è deportata in un carro bestiame l’11 gennaio 1945. Con lei c’è la partigiana garibaldina Rosa Cantoni “Giulia”, con cui condividerà ogni giorno l’infernale esperienza della prigionia, ricevendone conforto e decisivo incoraggiamento nei momenti più disperati. Il convoglio raggiunge il lager femminile di Ravensbrück. Maria è identificata dal numero 97324. Nella scheda d’ingresso, la sua residenza udinese è indicata al civico 2 di Via Zorutti ma pare che in realtà abitasse in Via del Sale.
Un mese più tardi è trasferita ad Abteroda e poi a Penig, sottocampi di Buchenwald. La sua matricola diventa 52338.
La testimonianza lasciata da “Giulia” consente di conoscere le tappe della loro penosa odissea sino alla fuga nel corso dell’ultima “marcia della morte” e alla liberazione, all’arrivo delle truppe sovietiche, nell’aprile del 1945. Pur duramente provate, entrambe fanno così finalmente ritorno a Udine il 27 ottobre.
Con decreto del 17 luglio 1951, “Zarasa” viene insignita della Medaglia di Bronzo al Valor Militare. La motivazione la definisce “partigiana attiva e ardita”, organizzatrice del rifornimento dei viveri in montagna, sottolineandone il “fermo ed esemplare contegno” mantenuto in carcere nel corso degli interrogatori, prima di affrontare, fedele alla causa, “il duro calvario” della deportazione.
Maria Casati è una delle molte donne osovane, che meritano di essere ricordate con profonda gratitudine.
Jurij Cozianin