Nell’estate del 1944 il giovane ufficiale Giovanni Battista Berghinz, con l’accusa di essere un partigiano viene arrestato dalla SD (Sichereitdienst) e rinchiuso in alcuni locali contigui al liceo che aveva frequentato qualche anno prima, lo Stellini. Interrogatori sempre più violenti e sempre più stretti lo ridurranno malissimo, ma dalla sua bocca non è uscito neppure un nome di quanti assieme a lui avevano dato vita avevano dato vita ad uno dei più vivaci gruppi di resistenza di Udine.
La vicenda di Barni, questo il suo nome di battaglia, è di una tragicità estrema perché con tutto quanto gli viene fatto, dà testimonianza di lealtà verso la Patria e di affetto verso coloro che con lui hanno condiviso alcune occasioni di eroismo in nome della libertà.
Nato, a seguito dell’esodo del dopo Caporetto, a Montecatini in Toscana nel 1918, da illustre famiglia udinese, benestante e di tradizioni liberali, al ritorno a Udine e sino al compimento della maturità condivide in casa e a scuola valori di libertà. Dunque la scelta della resistenza è stata naturale.
Giunto il momento di vestire il grigioverde chiede di essere destinato all’osservazione aerea in un momento in cui s’esalta tutto ciò che vola e per lui è anche un simbolo di elevazione, di liberazione, di distacco da quel che non condivide nel regime che lo aveva accompagnato per tutti i suoi anni.
Quella dell’osservatore è una specializzazione volta a dirigere i colpi dell’artiglieria sugli obiettivi nemici e lo porterà prima in Africa Orientale poi in Francia del Sud. L’8 settembre lo coglie proprio al di là delle Alpi e sfuggendo ai tedeschi pronti ad arrestare si mette in cammino e con incredibile audacia torna a Udine a piedi.
Riprende gli studi universitari e li conclude facendo molta attenzione a non dar nell’occhio, si unisce alla resistenza osovana con altri giovani ufficiali ed incomincia una intensa attività di sabotaggi notturni a danno dei tedeschi. Ben presto diventerà un ricercato e viene colto di sorpresa a casa sua in via Carducci il 28 luglio 1944. Tenta la fuga passando dai tetti della sede della milizia vicina all’abitazione (ora Guardia di Finanza), ma una spia lo indicherà agli inseguitori per essere catturato.
Dopo le torture inenarrabili in Udine viene trasferito a Trieste, alla Risiera, trasformata in campo di concentramento e di morte.
Tace ancora e per questa ragione sarà fucilato il 12 agosto per essere poi gettato o nel forno o in mare. Se il suo corpo martoriato non si trova più permane invece il ricordo fra i fazzoletti verdi dell’Osoppo e nelle Forze Armate che a lui hanno dedicato la nota caserma di Udine- San Rocco ove una lapide lo ricorda ai giovani che scelgono di servire la Patria.
L’esempio di Giovanni Battista Berghinz è stato consegnato anche ad una motivazione di medaglia d’oro al valor militare ove si sottolinea: “In innumerevoli audaci sabotaggi e arditi colpi di mano rifulgeva il suo valore santificato dall'epica lotta combattuta. Arrestato, seviziato e ridotto quasi cieco, subiva con stoica rassegnazione e fiero contegno ogni martirio, ma non tradiva i compagni. Decedeva sotto i colpi dei suoi carnefici assurgendo nel cielo dei più puri eroi della Patria".
Ottant’anni dopo questo martirio ci commuove ancora perché anche da tale sacrificio estremo abbiamo conseguito la nostra libertà e la nostra pace.
Roberto Tirelli