Il 17 dicembre ricorre 80°anniversario della uccisione di Amelio Sguazzin, ferito a morte in uno scontro a fuoco con i tedeschi ad Arba, dove il gruppo di osovani fuggito dalla Val Tramontina, viene circondato e costretto ad arrendersi. E’ l’occasione oltre che per ricordare la figura di Amelio, anche per ricordare la tragedia della famiglia Sguazzin che vide morire in guerra o nella resistenza ben 4 dei suoi ragazzi.
Il primo a morire fu Albino morto in Grecia in uno scontro a fuoco il 25 febbraio 1941.
Azelmo, classe 1912 ucciso a Valle di Faedis il 29 settembre uno degli scontri finali prima che gli osovani potessero disperdersi e scampare così alla cattura.
Amelio è il fratello gemello di Azelmo, dopo la scuola militare di paracadutismo entra nella Polizia, si sposa ed ha tre bambini, abita a Sant’Osvaldo e lavora in Questura a Udine. Anche lui inizia a dare una mano alla Resistenza: informazioni, copie di documenti. Lo scoprono e tentano di catturarlo nel suo ufficio: scappa gettandosi dalla finestra e da lì via verso i monti, nella zona di Attimis: Gianni è il suo nome di battaglia; diventa il capo della Polizia partigiana accanto al comandante della Osoppo della Sinistra Tagliamento Manlio Cencig. Amelio, a cui verrà conferita la medaglia d’argento, fuggì con un gruppo di altri osovani dalla Val Tramontina: ad Arba il gruppo fu circondato dai tedeschi e Amelio Sguazzin perse la vita nello scontro a fuoco che seguì.
I due figli maschi rimasti Aquilino (classe 1924) e Assuero (classe 1927) sono anch’essi impegnati nella resistenza osovana. Aquilino rientra a casa a Mereto nel marzo del 1945, ma può fermarsi poco perché la loro abitazione è tenuta sotto sorveglianza e di frequente arrivano i tedeschi a perquisire. Si sposta quindi a Percoto di Pavia di Udine dove viene ospitato da amici sicuri. Il 29 aprile accade un incidente: parte un colpo dallo Sten maneggiato da un suo amico. Dicono un banale incidente, un atto assolutamente accidentale, ma per Aquilino non c’è nulla da fare.