IL RICORDO DEGLI OSOVANI FUCILATI A TRAMONTI DI SOTTO IL 10 DICEMBRE 1944

Fra questi il giovane carabiniere COSIMO MOCCIA "ALDO" medaglia d'argento al valor militare
Uno dei tragici episodi della Resistenza in Friuli ebbe luogo il 10 dicembre del 1944: a Tramonti di Sotto furono fucilati ben dieci partigiani appartenenti alla Garibaldi e alla Quarta Brigata Osoppo. Il prologo dell’eccidio ebbe inizio negli ultimi giorni di novembre: i tedeschi iniziarono una vasta operazione di rastrellamento che vide interessato il settore della Val d’Arzino e la valle del Meduna.
Il 27 novembre i reparti tedeschi avanzarono sulla Val Tramontina mentre all’alba del 29 novembre entrò in azione anche il Battaglione Guastatori Alpini “Valanga” un reparto aggregato alla X^ MAS, e comandato dal capitano Manlio Morelli, un ufficiale reduce della Campagna di Russia dove era stato decorato con la medaglia d’argento. Il rastrellamento era articolato su tre direttrici: una a fondovalle e le altre due sui versanti della vallata.
 Il reparto a fondovalle fu bloccato in località Ponte Racli dalle batterie osovane mentre i due reparti a monte procedevano speditamente verso nord. Superato il blocco a Ponte Racli, il 30 novembre il Battaglione Valanga entrò a Tramonti di Sotto occupando così il paese. Nei giorni successivi i reparti proseguirono il rastrellamento percorrendo i sentieri che collegavano le numerosissime borgate della Tramontina. Ricerca perlopiù infruttuosa, anche se vennero utilizzati alcuni cani lupo che, con i loro istruttori tedeschi, erano stati assegnati al Battaglione Valanga.
E’ curioso leggere, a questo proposito, il resoconto di quanto capita a don Ascanio De Luca “Aurelio” comandante del Battaglione divisionale “Fedeltà” il quale, assieme a Cino Boccazzi “Piave”, si stava recando in una casera per sfuggire alla cattura: “Le pattuglie tedesche hanno sguinzagliato anche i cani in perlustrazione; uno di essi entra nella macchia e ci avvicina. Noi due siamo sdraiati e immobili come cadaveri; tratteniamo il respiro e non battiamo neppure le ciglia. Sono attimi eterni: il cane ci annusa, lungo il corpo dai piedi alla testa, e poi si allontana silenzioso.” (Tratto da “La resistenza osovana nell’Arzino e nella Val Tramontina” pag. 17-18). Scrive ancora don Ascanio: “Le mie preoccupazioni, in quel momento, oscillavano fra diverse valutazioni: principale era quella di uscire dal rastrellamento verso la pianura con tutti gli uomini; ero trattenuto tuttavia da un dovere e cioè quello di raccogliere tutti gli uomini sbandati della 4^ Brigata e di portarli fuori della Vallata; si aggiunge anche la necessità di prelevare in un casolare di Tramonti il magg. Nicholson della missione alleata, febbricitante, e di portarlo con noi. Per realizzare un collegamento con la 4^ Brigata avevo inviato Sandro con la sua squadra a fondovalle; l’attesa del suo rientro si protrae senza esito: sicuramente era stato coinvolto nel rastrellamento ed era sfuggito verso la pianura.” (Tratto da “La resistenza osovana nell’Arzino e nella Val Tramontina” pag. 17).
Il 7 dicembre si ebbe uno scontro che vide coinvolto un reparto del Battaglione Valanga in località Frasseneit e un consistente gruppo di partigiani; non essendo citato questo episodio in nessuno dei memoriali osovani si presume che questo gruppo di partigiani appartenesse ai reparti garibaldini. Nello scontro a fuoco che seguì morì un guastatore del Valanga e altri due rimasero feriti: questo episodio probabilmente creò i presupposti per quello che accadde nelle giornate successive. Il giorno 9 il reparto fascista si diresse verso l’abitato di Palcoda dove erano rifugiati una cinquantina di partigiani e, fra essi, Gianni Bosi “Battisti” comandante del gruppo sud delle Brigate Garibaldi, e la sua compagna Iole De Cillia, “Paola”.
Il giorno 9 il reparto fascista si diresse verso l’abitato di Palcoda dove erano rifugiati una cinquantina di partigiani e, fra essi, Gianni Bosi “Battisti” comandante del gruppo sud delle Brigate Garibaldi, e la sua compagna Iole De Cillia, “Paola”. Nel violento scontro a fuoco, morirono numerosi partigiani, fra i quali anche Battisti e Paola, mentre altri 21 furono catturati e portati a Tramonti di Sotto. Qui le testimonianze ci dicono che i partigiani furono portati nella macelleria del paese e li interrogati e torturati: le grida strazianti furono sentite dagli abitanti di Tramonti rinchiusi nelle loro case. Non ci sono certezze su cosa spinse il capitano Morelli (o i suoi ufficiali sottoposti) a decidere per la fucilazione dei dieci partigiani. I resoconti del reparto fascista parlano della costituzione di una “Corte Marziale che procedette all’interrogatorio dei prigionieri catturati nella zona di Tramonti: alcuni riconosciuti responsabili di specifici reati, vennero fucilati” versione inverosimile e di copertura, visto che il reparto della Decima Mas si trovava fino a qualche giorno prima ben lontano dalla Val Tramontina e i dieci partigiani non potevano certo essere da loro conosciuti e quindi non si comprende quali reati specifici poteva attribuire loro la “Corte Marziale”. Molto più probabilmente la decisione fu presa sotto la spinta dalla frenesia di vendetta e ritorsione che il reparto provava a seguito del guastatore morto nello scontro di Frasseneit. I dieci partigiani furono portati sul muro del cimitero di Tramonti di Sotto e lì fucilati nella serata del 10 dicembre. Tre di essi appartenevano alla 4^ Brigata Osoppo: Salvatore Villani “Cossu”, di Santa Teresa di Gallura, brigadiere dei Carabinieri, Cosimo Moccia “Aldo” di Manduria, carabiniere, e Ulderico Rondini “Romano” di Roma. Particolarmente toccante la figura di Cosimo Moccia, al quale venne attribuita la medaglia d’argento alla memoria, e la cui motivazione dice testualmente: “Catturato insieme ad altri compagni da un reparto della X Mas, sottoposto a stringenti interrogatori allo scopo di strappargli notizie sull’organizzazione delle formazioni clandestine, mantenne fermo ed eroico contegno. Escluso dalla fucilazione che il comandante nazifascista aveva ordinato, fiero dei suoi nobili ideali, si rivolgeva al nemico chiedendo che la sorte dei compagni fosse anche la sua.” La motivazione, che trova origine nelle testimonianze, ci consegna quindi la figura di un ragazzo di neppure 23 anni che volle condividere la tragica sorte dei suoi amici. E proprio tale comportamento eroico ha spinto più volte la famiglia Moccia e di recente anche la comunità di Manduria a chiedere l’attribuzione della massima riconoscenza per questo giovane ragazzo del Sud venuto a morire sulle montagne del Friuli.
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Dove e quando:
Tramonti di Sotto (PN)
10 dicembre 1944 - 10 dicembre 2020
COSIMO MOCCIA "ALDO" 1922 - 1944