Fra i personaggi da ricordare nel corso del 2024 iniziamo con la figura di mons. Giovanni Battista Falzari, morto l’8 gennaio del 1974 a Gorizia, e di cui quindi quest’anno celebriamo il 50° anniversario della scomparsa. In realtà ci siamo resi conto che il ricordo dedicato a questa importante figura di sacerdote dell’Arcidiocesi di Gorizia, avremmo dovuto farlo alcuni mesi fa, in occasione dell’80° anniversario dell’Armistizio dell’8 settembre: pre Tita Falzari infatti fu il protagonista di quello che è stato chiamato “Il caso di Ronchi”, ovvero l’imponente azione di solidarietà che la comunità di Ronchi dei Legionari spontaneamente organizzò in soccorso dei militari italiani in fuga dai Balcani e anche verso gli ex internati sloveni e croati dei campi di Visco e Gonars in fuga verso i loro paesi in Jugoslavia. Pre Tita dimostrò ancora una volta di aver saputo partecipare e vivere i drammi del suo popolo come aveva fatto fin dai suoi primi anni di sacerdozio.
Falzari, nato nel 1888 a Mariano del Friuli, fece parte di quella stagione di cattolici goriziani impegnati che si concluse con la fine della Prima guerra mondiale e che ebbe come leader incontrastato monsignor Luigi Faidutti, professore al Seminario Centrale di Gorizia dal 1889 al 1905, e deputato al Parlamento di Vienna, dal 1907 al 1918, dove fu eletto nelle fila del Partito cattolico popolare friulano.
Falzari si sentì, coerentemente, soprattutto cattolico e quindi friulano ed italiano, particolarmente sensibile alle ingiustizie sociali quali lo sfruttamento e la condizione di povertà dei contadini che denunciò con vigore nei suoi scritti. Orgoglioso, fino al 1918, di essere suddito austriaco, fu molto critico nei confronti dell’Italia risorgimentale, massonica e anticlericale, mentre gioì per la ritirata italiana dopo la disfatta di Caporetto. Subì l’Italia liberale e fascista dopo il crollo dell’Impero asburgico e l’annessione della Venezia Giulia all’Italia ma, nel secondo dopoguerra, difese con convinzione l’appartenenza all’Italia delle terre della Venezia Giulia abitate da italiani, contro chi ne voleva l’annessione alla Jugoslavia comunista.
Dopo gli anni della Grande guerra, svolse il suo ruolo di sacerdote in diverse località dell’Arcidiocesi: nel 1935 fu nominato parroco di San Pier d’Isonzo, dove rimase fino al gennaio 1940.
Dal 27 gennaio 1940 al 23 febbraio 1952 fu parroco di Ronchi dei Legionari dove, grazie alla sua guida, l’Azione cattolica dimostrò lo spirito che la animava dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943, quando soccorse migliaia di soldati italiani sbandati provenienti dalla penisola balcanica (si stima che siano stati soccorsi e aiutati oltre 45 mila soldati), nonché centinaia di internati sloveni e croati, che arrivavano da Visco e da Gonars, e cercavano di raggiungere le loro famiglie. Con la stessa fermezza sostenne con passione, nel 1948, i Comitati Civici che si battevano per la vittoria della Democrazia Cristiana contro il Fronte Popolare, per difendere la civiltà cristiana e la libertà di culto contro i soprusi del comunismo ateo.
Nel 1952 Pre Tita chiese e ottenne di essere trasferito a Dolegna del Collio e il Consiglio comunale di Ronchi dei Legionari, nella seduta dell’8 febbraio di quell’anno, gli conferì la cittadinanza onoraria per le benemerenze acquisite durante la Seconda guerra mondiale. Il 24 febbraio 1952 raggiunse la sua nuova parrocchia di Dolegna del Collio e rimase fino al 10 febbraio 1970 quando, ormai affaticato, si ritirò a vita privata.