DON GIUSEPPE ROSSI PROCLAMATO BEATO: FU UCCISO DAI FASCISTI IN VAL D'OSSOLA NEL FEBBRAIO 1945

Ancora un sacerdote che diventa testimone agli uomini di oggi: si tratta di don Giuseppe Rossi, parroco di San Gottardo di Castiglione Ossola fatto prigioniero e ucciso dai fascisti nel febbraio del 1945. Nei giorni scorsi il Papa ha riconosciuto il suo martirio e lo ha proclamato Beato.

 

Giuseppe Rossi nacque il 3 novembre 1912 a Varallo Pombia, in provincia e diocesi di Novara. Di corporatura esile, ma di carattere tenace, Giuseppe crebbe in una famiglia povera ma dignitosa. Nell’autunno del 1925, Giuseppe entrò nel Seminario ad Arona. Fu ordinato sacerdote il 29 giugno 1937, a venticinque anni; per l’immagine ricordo dell’ordinazione e della Prima Messa, scelse una frase di san Paolo, come motto del suo ministero sacerdotale: «Darò quanto ho, anzi darò tutto me stesso per le anime vostre». Dopo un anno trascorso nel Seminario di Novara per completare il corso teologico, nel 1939 fu nominato parroco di San Gottardo a Castiglione Ossola, allora nella provincia di Novara e oggi nel Comune di Calasca-Castiglione.

Negli anni di guerra che seguirono, don Giuseppe fece quello che poteva per i fedeli della sua parrocchia. I giovani che erano partiti militari gli scrivevano da fronti lontani: lui scriveva a ognuno, facendo sentire la sua presenza accanto a loro. Sempre in giro con la bicicletta, non disdegnava di comprare il riso alla borsa nera per sfamare i suoi poveri. Dopo l’8 settembre 1943, seguì un periodo di generale sbandamento. Molti dei giovani della Val d’Ossola, salirono sui monti dell’alta valle e si arruolarono nelle formazioni partigiane.

Nell’agosto-settembre 1944 nel territorio dell’Ossola fu istituita una Repubblica partigiana, sopraffatta dai tedeschi nella battaglia dell’ottobre 1944. In questo periodo don Giuseppe non parteggiò per nessuno: si mantenne neutrale e prudente, soffrendo di vedere i suoi figli combattersi in quella guerra civile. Diventò il garante della popolazione davanti a tutti i contendenti.

Il 26 febbraio 1945, i partigiani garibaldini della Brigata Torino furono informati che una colonna di fascisti, appartenenti alla 29° Brigata “Ettore Muti”, stava salendo verso Macugnaga, nei pressi di Verbania. Data la strettezza della valle bastarono pochi partigiani appostati sulle rocce sopra Castiglione per fermare il reparto fascista. Per rappresaglia i fascisti, fatti arrivare rinforzi, bruciarono alcune case di Castiglione, rastrellarono quarantacinque persone fra vecchi, donne e bambini. Un parrocchiano, incitò il parroco a seguirlo, ma lui non si mosse: alcuni giorni prima, infatti, durante un altro rastrellamento, si era ferito mentre fuggiva per i boschi. Colse quel fatto come un segno: non avrebbe dovuto mai più lasciare il paese.

Verso le dieci fu arrestato: le Camicie Nere lo accusavano di aver suonato le campane alle nove del mattino per segnalare ai partigiani il passaggio della colonna militare. I fermati, o meglio gli ostaggi, furono trattenuti fino a sera dopo un intero giorno di interrogatori, quindi tornarono a casa. A tutti don Giuseppe raccomandava di avere fiducia e calma, perché lui si sarebbe sacrificato per la loro liberazione. Alcuni testimoni hanno dichiarato che abbia affermato: «Prima di voi ci sono io», «Sarò io ad essere ammazzato». In canonica, la sorella gli preparò una minestra, mentre un’altra parrocchiana, con un pretesto si avvicinò alla casa e scongiurò don Giuseppe di scappare in montagna. Dopo pochi minuti si ripresentarono quattro militi, che l’arrestarono senza dargli nemmeno il tempo di infilare le scarpe, né di prendere cibo.

Don Giuseppe fu visto passare dal fabbriciere della chiesa, e altre tre donne poi più nulla. Qualche giorno dopo un manifesto fascista esprimeva «sincero rimpianto» per la scomparsa del parroco, prendendo le distanze dall’accaduto. Dopo otto giorni di silenzio uno dei militi fascisti, si confidò con una ragazza del paese. Il cadavere del sacerdote fu trovato in un vallone sotto il paese, sepolto in una fossa che il parroco era stato costretto a scavare con le proprie mani. Il cranio era spaccato dal calcio di un fucile; aveva ricevuto una pugnalata alla schiena e il colpo di grazia sparato in viso. Gli esecutori materiali dell’omicidio sono rimasti ignoti. Il comandante del I e del II plotone della Brigata Muti, Rodolfo Badiali, fu condannato il 7 dicembre 1946 per crimini di guerra: scontò pochi anni di pena, dopo aver chiesto perdono alla madre di don Giuseppe e al parroco don Severino Cantonetti, che gli era succeduto.

Il 22 settembre 1991, i resti di don Giuseppe furono traslati nella parrocchia di San Gottardo a Castiglione Ossola. Il processo diocesano della sua causa di beatificazione, volto a dimostrare il suo martirio in odio alla fede, si svolse dal 22 settembre 2002 al 7 marzo 2004 presso la diocesi di Novara. Gli atti del processo ottennero il decreto di convalida il 10 marzo 2006. Il 14 dicembre 2023, papa Francesco ha autorizzato la promulgazione del decreto relativo al martirio di don Giuseppe, aprendo la via alla sua beatificazione.

Dove e quando:
don Giuseppe Rossi (1912-1945)