Proseguono incessanti le beatificazioni di sacerdoti che nel corso della guerra persero la vita per difendere il popolo che a loro era stato affidato. L’ultima notizia è che il prossimo 30 settembre verrà proclamato beato don Giuseppe Beotti ucciso dai tedeschi il 20 luglio del 1944 a Sidolo di Bardi in provincia di Parma.
Don Giuseppe Beotti nacque a Campremoldo Sotto, frazione di Gragnano Trebbiense (Piacenza) il 26 agosto 1912, in una famiglia di agricoltori.Nel 1925 entrò in seminario a Piacenza e venne ordinato presbitero il 2 aprile 1938.
Inviato a Borgonovo come coadiutore, si distinse per l’assidua opera caritativa a favore dei bisognosi e per l’impegno con cui curava la formazione dei fedeli, in particolare dei giovani.
Nel 1940 fu trasferito come arciprete della parrocchia di Sidolo, un piccolo paese di montagna, frazione di Bardi. Qui si dedicò con carità ai bisogni di tutti, indistintamente: partigiani, ebrei, soldati, feriti.
Era molto apprezzato dalla gente, che vedeva la sua dedizione e la sua generosità.
Durante l’occupazione tedesca, nel 1943, il regime fascista decise la requisizione delle campane per fini bellici. Poiché a Sidolo scoppiarono violenti tumulti, egli, pur avendo invitato i parrocchiani ad obbedire alle autorità civili, cercò di difendere i loro diritti. Per questo fu sottoposto ad un procedimento penale, poi terminato con un nulla di fatto.
Dopo l’armistizio dell’8 settembre, don Beotti diede ospitalità e soccorso a soldati in fuga, prigionieri scappati dai campi, persone perseguitate, tra cui un centinaio di ebrei.
Nel 1944 a Pelosa di Bedonia persero la vita 70 soldati tedeschi durante alcuni scontri. Per rappresaglia, i soldati distrussero i paesi vicini facendo rastrellamenti in tutta la zona.
Tra il 19 e il 20 luglio giunsero anche a Sidolo. Don Giuseppe decise di rimanere nel paese, trascorrendo la notte in chiesa, in preghiera: pur avendo la possibilità di fuggire, decise di restare accanto ai parrocchiani in quei momenti difficili.
Venne arrestato e fucilato il 20 luglio 1944 a Sidolo, frazione di Bardi (Parma, Italia), insieme a don Francesco Delnevo e al seminarista Italo Subacchi, che si erano rifugiati con lui in chiesa. Non ci furono testimoni oculari, ma alcune persone accorsero poco dopo sul luogo dell’esecuzione.