Un recente articolo dell'Osservatore Romano, ricordava l'eroico sacrificio di tanti sacerdoti italiani durante la seconda guerra mondiale. Secondo uno studio citato dal quotidiano della Santa Sede, furono 190 i sacerdoti uccisi dai fascisti, 120 furono uccisi dalle truppe tedesche e 119 per mano partigiana. Fra questi martiri la nostra terra friulana annovera don Giuseppe Treppo, parroco di Imponzo di Tolmezzo, ucciso il 9 ottobre 1944 e don PIetro Cortiula, parroco di Ovaro, ucciso il 2 maggio 1945, entrambi vittime della violenza dei cosacchi, mentre mons. Faustino Lucardi, parroco di Venzone fu ucciso dai tedeschi il 3 maggio 1945.
In questi giorni, il 4 agosto, ricorre l'anniversario della uccisione di uno di sacerdoti simbolo di questa tragica scia di sangue: si tratta di don Aldo Mei, giovane sacerdote lucchese.
Don Aldo Mei, nato a Ruota di Capannori nel 1912, entrato in seminario a 14 anni, viene consacrato sacerdote nel 1935 e subito destinato come parroco di Fiano, un piccolo paese sui colli tra la Val Pedogna e la Freddana nel Comune di Pescaglia, dove si insedia il 14 agosto 1935.
Negli anni bui della guerra, per inclinazione personale e in obbedienza alle precise indicazioni dell’Arcivescovo di Lucca, mons. Antonio Torrini, si prende particolare cura di sfollati, perseguitati e poveri. È in costante collegamento con il gruppo di sacerdoti cui il vescovo ha conferito l’incarico dell’assistenza agli ebrei, in particolare con Fratel Arturo Paoli, che coglie dalle sue labbra la frase “Bisogna esser pronti a morire per i fratelli”: decisamente qualcosa in più di un pio proposito, soprattutto alla luce dei fatti che accaddero di lì a poco.
Don Aldo non si tira indietro quando bisogna salire sulle colline di Pescaglia, per portare la sua assistenza spirituale a chi sta combattendo per la liberazione di quella porzione d’Italia e, in prossimità di una base partigiana, ha fatto realizzare anche un altare, dove periodicamente si reca a celebrare. In casa sua, poi, ha accolto Adolfo Cremisi, un giovane ebreo destinato alla deportazione; pur ospitandolo con tutte le precauzioni del caso, la sua intensa attività pastorale non passa inosservata: a seguito di una delazione che lo denuncia come vicino alle formazioni partigiane operanti nella zona, il 2 agosto 1944 è arrestato dai tedeschi.
Ristretto nella Pia Casa in via Santa Chiara a Lucca, viene sottoposto immediatamente a un processo sommario, alla fine del quale il giovane sacerdote è condannato a morte. A nulla valgono gli sforzi dell'Arcivescovo, mons. Torrini, per strappare il sacerdote alla triste sorte ormai segnata.
Il 4 agosto 1944 alle 22, sugli spalti delle Mura di Lucca a Porta Elisa, don Aldo Mei viene fucilato da un plotone della Wehrmacht e sepolto nella fossa che egli stesso era stato costretto a scavarsi. Il giorno successivo, ottenuto il permesso dal Comando tedesco, verso le 10.00, la salma dissepolta è traslata presso le suore Barbantine di Lucca in via Elisa. Presenziano a tale pietoso ufficio alcuni sacerdoti fra i quali don Giorgio Bigongiari, che alcune settimane più tardi sarà a sua volta ucciso dai tedeschi.
Il 30 luglio 1977 il ministero della Difesa e il presidente della Repubblica hanno concesso a don Aldo Mei la medaglia d'argento al valor militare (alla memoria).
Nell'ottobre del 1968, mons. Enrico Bartoletti, amministratore apostolico di Lucca, ha provveduto all'inoltro di un processo informativo di beatificazione per don Aldo Mei. Il 31 ottobre 1987 la salma del sacerdote, con una solenne cerimonia, è stata consegnata alla comunità di Fiano e inumata in quella chiesa parrocchiale.