Il 28 dicembre del 1973, dunque esattamente cinquanta anni fa, venne pubblicato a Parigi, per la prima volta in Occidente, Arcipelago Gulag, il libro scritto tra il 1958 e il 1968 da Aleksandr Solženicyn (1918 - 2008) sul sistema dei campi di lavoro forzato nell'URSS. Il libro ebbe grande risonanza nell'opinione pubblica internazionale per aver fornito il resoconto più radicale e circostanziato dell'URSS post-rivoluzionaria: Solženicyn vi dimostra che il regime comunista poteva governare sui popoli oppressi dell'Unione Sovietica solo con la minaccia dell'imprigionamento, ma pure che l'economia stessa del Paese dipendeva dalla produttività dei campi di lavoro forzato.
Il termine Gulag deriva da Glavnoe Upravlenie LAGerej i mest zaključenija ovvero Direzione generale dei campi e dei luoghi di detenzione: questa era un'istituzione penitenziaria volta a rieducare il prigioniero spesso tramite il lavoro. Oggi, con la parola "gulag" in Occidente si intende spesso qualsiasi carcere o campo di prigionia sovietico.
Poggiando su testimoni oculari l'autore vi riversò anche la propria esperienza di prigioniero politico nei campi di lavoro forzato; egli vi percorre l'iter carcerario: dall'istruttoria ai lager speciali, dall'arresto cagionato da una delazione, fino al termine della pena scontata.
L'opera circolò clandestinamente nell'URSS fino al 1989, quando fece la sua apparizione sulla rivista letteraria Novyj Mir, in forma ridotta. Dopo la dissoluzione dell'Unione Sovietica, l'opera fu pubblicata liberamente e integralmente.
Arcipelago Gulag venne pubblicato in Italia il 25 maggio 1974 da Mondadori, ma l’accoglienza fu assai contrastata: Piero Citati, Italo Calvino, Carlo Ossola, Umberto Eco, Alberto Moravia, si espressero in termini negativi sul libro, che invece fu positivamente recensito da Vittorio Strada, Enzo Bettiza e Carlo Bo.