Cerimonia di commemorazione dell’eccidio di Porzus - Serracchiani
Saluto della Presidente della Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia Debora Serracchiani alla cerimonia di commemorazione dell’eccidio di Porzus
Faedis – 2 febbraio 2014
Commemorare a Faedis i tragici fatti che il 7 febbraio 1945 si consumarono alle malghe di Porzus significa non solo fare un viaggio nella storia e nella memoria ma giungere in uno dei luoghi simbolo per capire la storia della nostra Regione e la sua speciale identità.
Conoscere Porzus e la sua vicenda storica è infatti un dovere per chi vive queste terre e in particolare per chi, come noi, individua nei valori della lotta di Liberazione il fondamento della Costituzione repubblicana, sorta dopo la fine delle atrocità della Seconda guerra mondiale. Conoscere e ricordare Porzus è un dovere per tutta la comunità nazionale.
Il confine orientale, infatti, ha visto drammi e tragedie elevarsi all’ennesima potenza, e dolorosamente trascinarsi ben oltre la fine ufficiale delle ostilità, patendo lacerazioni e contrapposizioni anche nei decenni a seguire.
La non facile opera di riconciliazione qui compiuta, favorita dalla caduta della cortina di ferro ma soprattutto tenacemente perseguita dalle amministrazioni locali e da due straordinari protagonisti della storia friulana come don Redento Bello e Giovanni Padovan, è un risultato che dobbiamo sempre rinforzare per evitare il risorgere, oggi, di anacronistiche divisioni e per salvaguardare quei valori scaturiti dalla lotta di Liberazione che possono esprimere tutta la loro forza solo se viene raccolta la forza di riconoscere gli errori commessi.
Se ieri quei valori hanno fondato la nostra Repubblica, spetta a noi operare oggi non solo per difendere le nostre Istituzioni da quel clima di discredito in cui spesso vengono gettate, ma anche per rivitalizzare queste nostre istituzioni, dalle amministrazioni del territorio a noi più vicine alla grande istituzione europea, attribuendole un ruolo politico e valoriale di cui spesso dobbiamo amaramente constatare carenze ed inadeguatezze.
Siamo talvolta portati a pensare alla nostra Casa comune europea come a una struttura burocratica incapace di migliorare la qualità del nostro vivere. A ciò si accompagna, in un periodo di crisi come quello attuale, la convinzione diffusa che sia in atto una sorta di competizione fra piattaforme industriali europee basata anche su un depotenziamento di diritti faticosamente conquistati. Tutto ciò contribuisce ad acuire un clima di antieuropeismo strisciante nel nostro Paese.
La storia ci insegna però che quando prevalgono gli egoismi, le paure, gli interessi di parte si aprono le porte al compimento di tragedie e barbarie. Per questo è ancora oggi nostro compito tenere vivi i valori di quei giovani combattenti, proditoriamente trucidati, per fondare su quelle basi una nuova idea di costruzione europea che presupponga un’identità comune.
Giovani che credevano nella Patria, allora povera e annientata; che amavano la libertà – quella personale, individuale, e quella collettiva, di popolo e di Nazione – e che per questo hanno combattuto e sono morti. Sono morti, hanno immolato le loro giovani vite, ma non sono stati sconfitti: i loro ideali, i loro valori continuano ad essere nostro patrimonio collettivo, e guai ad abbandonare la memoria del loro altissimo tributo e il ricordo di quell’orribile misfatto.
Dove e quando:
Faedis
2 Febbraio 2014