Nella notte tra il 9 e il 10 Giugno 1944, il fiorentino Alvaro Fabbrucci viene paracadutato nel cielo del Friuli da un aereo decollato da Brindisi. È un lancio “cieco”, non essendo prevista la ricezione dai partigiani. “Nando” atterra tra Buja e Artegna.
È il radiotelegrafista della Marina reclutato dal SIM per la missione segreta “MMM”, che il SOE britannico chiama “Addlestrop”. Le fonti bibliografiche la identificano spesso con la denominazione “Bartolo-Marco”, dai nomi di copertura degli ufficiali dell’Aeronautica che si lanciano con “Nando”. La documentazione desecretata negli archivi consente ora di identificare con certezza “Bartolo” nel veneziano Emanuele Aymo Boot e non, come presunto in passato, nell’agente bujese Lidio Baracchini, che in realtà operò in Piemonte con lo pseudonimo “Mario”, meritandosi la Medaglia di Bronzo al Valor Militare.Non ci sono mai stati dubbi, invece, sull’identità di “Marco” (o “Locardi”) ovvero il romano Carlo Alberto De Felici, che porterà a termine la propria missione in Friuli fino alla Liberazione e per questo sarà decorato di Medaglia d’Argento, prima di perdere la vita in un tragico incidente aereo nel 1948.
Trascorsa la notte ad orientarsi ed alla vana ricerca del materiale aviolanciato, i tre trovano rifugio nella canonica di Santo Stefano, accolti da monsignor Giovanni Chitussi. È lui a metterli in contatto con i patrioti locali, che rendono possibile il recupero di ciò che non è stato rintracciato, e soprattutto con Candido Grassi, il comandante della Brigata Osoppo. In seguito, “Bartolo” e “Marco” hanno modo di comunicare anche con il maggiore britannico Manfred Czernin ed il suo radioperatore Piero Cantoni, anch’essi appena giunti in Friuli.
La missione per “Nando” non nasce con i migliori auspici. Parte dell’apparecchiatura risulta danneggiata e il piano delle frequenze della stazione “Boss/Blue” è andato perso, rendendo al momento impossibili i contatti con la base.
Per quattro giorni, egli è ospitato a Tricesimo dal Prof. Pasquale Tremonti, prezioso collaboratore della Resistenza, che nelle sue memorie ne ricorda “l’animo aperto, la serena armonia degli affetti, la passione per il mare e la vita avventurosa, la ricchezza di linguaggio e la poesia dei toscani”.
Nel pomeriggio del 15 Giugno, temendo un’imminente ispezione, il medico patriota mette in braccio a “Nando” i suoi due bassotti, salutati con simpatia dai Tedeschi, e lo accompagna a Udine in Via Baldissera, nell’appartamento della marchesa Lucilla Muratti Massone, la coraggiosa osovana “Giustina”, che lo aiuta a nascondere la radio ricetrasmittente, rimuovendo alcune assi del pavimento. È lei stessa, nel suo diario, a tracciarne un affettuoso profilo, descrivendolo “molto educato” e “dotato di una parlantina inesauribile”, con il pensiero sempre rivolto alla sua giovane moglie ed alla figlia di pochi mesi.
“Nando” rimane in città fino al giorno 28, quando gli perviene l’ordine di raggiungere la Val d’Arzino. È Giancarlo Marzona ad accompagnarlo a Pielungo. È là che si consuma il suo triste destino. Le fonti disponibili concordano sulla causa della sua morte, pur divergendo, in alcuni casi, nell’indicazione della data e del luogo in cui essa avviene. È ragionevolmente certo che Alvaro Fabbrucci perde la vita, a 33 anni, il 19 Luglio 1944 nel corso dell’attacco nazifascista al Castello Ceconi, sede del comando osovano. Nella concitazione di quei momenti di grave pericolo, in un territorio che non conosce, lungo un canalone “Nando” muore precipitando da una roccia per molti metri, come riferito da “Marco” a “Giustina”, che ne ha “una pena infinita”.
La versione dei fatti è confermata dal capitano britannico Patrick Martin Smith. Anche il radioperatore Charles Barker pare riferirsi proprio a “Nando” nelle sue memorie, quando descrive il funerale officiato in quei giorni a Pielungo dal parroco Don Marco Bottosso, alla presenza dei patrioti osovani, inclusi “Verdi” e Don Ascanio De Luca “Aurelio”, e di molti pietosi cittadini.
Ne seguì la sepoltura, forse anonima, nel cimitero alle spalle della chiesa. Non è noto se egli riposa ancora in quel luogo o se è stato poi riesumato e traslato nella sua terra d’origine. Il suo nome è inciso in una delle lapidi collettive del sacrario dei partigiani fiorentini di Rifredi. Nel 1947, alla memoria di Alvaro Fabbrucci venne conferita la Medaglia di Bronzo al Valor Militare. È doveroso ricordarlo, al pari dei tanti italiani, militari e civili, spesso sconosciuti o dimenticati, che persero la vita nel corso delle missioni segrete a cui parteciparono o alle quali diedero generosa assistenza e preziosa collaborazione. Per amor di Patria e la libertà dell’Italia.
Jurij Cozianin