2022 – ANNO DEL CENTENARIO DI PASOLINI

Si chiude quest’anno 2022, carico di situazioni difficili e che non ricorderemo fra gli anni migliori. Certamente uno degli eventi che ha caratterizzato l’annata è stato il centenario della nascita di Pier Paolo Pasolini, uomo sicuramente carico di contraddizioni ma, come abbiamo già detto in altre occasioni, uno dei pochi intellettuali che nel corso del Novecento ha colto il drammatico e radicale cambiamento in atto nella nostra epoca. In questo anno dedicato al suo ricordo vi sono state innumerevoli iniziative, tanto che è risultato impossibile seguire se non qualcuna. E’ difficile quindi dare un giudizio in merito a quanto queste rievocazioni siano riuscite nell’intento di far comprendere la completa dimensione di questo uomo.

Ci colpiva in questi giorni la pubblicazione di una sua lettera che risale al Natale del 1964 e che Pier Paolo scrisse a don Giovanni Rossi fondatore (nel 1939) della Pro Civitate Christiana di Assisi.

La lettera venne pubblicata sulla rivista “Rocca”, quindicinale della “Pro Civitate Christiana” n.22 del 15 novembre del 1975, tra le altre testimonianze in occasione della scomparsa di Don Giovanni Rossi, avvenuta il 27 ottobre precedente, quindi pochi giorni prima della morte a Ostia dello stesso poeta friulano.

Scrive Pasolini:

Roma, 26 dicembre 1964

Caro Don Giovanni, La ringrazio tanto per le sue parole della notte di Natale: sono state il segno di una vera e profonda amicizia; non c’è nulla di più generoso che il reale interesse per un’anima altrui. Io non ho nulla da darle per ricompensarla: non ci si può sdebitare di un dono che per sua natura non richiede d’essere ricambiato.

Ma io ricorderò sempre il suo cuore di quella notte. Quanto ai miei peccati. il più grande è quello di pensare in fondo soltanto alle mie opere, il che mi rende un po’ mostruoso e non posso farci nulla; è un egoismo che ha trovato un suo alibi di ferro in una promessa con me stesso e gli altri da cui non mi posso sciogliere,

Lei non avrebbe potuto assolvermi di questo peccato, perché io non avrei mai potuto prometterle realmente di avere intenzione di non commetterlo più. Gli altri due peccati che lei ha intuito, sono i miei peccati “pubblici”: ma quanto alla bestemmia, glielo assicuro, non è vero. Ho detto delle parole aspre contro una data Chiesa e un dato Papa: ma quanti credenti, ora, non sono d’accordo con me? L’altro peccato l’ho ormai tante volte confessato nelle mie poesie, e con tanta chiarezza e con tanto terrore, che ha finito con l’abitare in me come un fantasma famigliare, a cui mi sono abituato, e di cui non riesco più a vedere la reale, oggettiva entità.

Sono “bloccato”, caro Don Giovanni, in un modo che solo la Grazia potrebbe sciogliere. La mia volontà e l’altrui sono impotenti. E questo posso dirlo solo oggettivandomi, e guardandomi dal suo punto di vista. Forse perché io sono da sempre caduto da cavallo: non sono mai stato spavaldamente in sella (come molti potenti della vita o molti miseri peccatori): sono caduto da sempre, e un mio piede è rimasto impigliato nella staffa, così che la mia corsa non è una cavalcata, ma un essere trascinato via, con il capo che sbatte sulla polvere e sulle pietre. Non posso né risalire sul cavallo degli Ebrei e dei Gentili, né cascare per sempre sulla terra di Dio. La ringrazio ancora, con tutto l’affetto,

suo Pier Paolo Pasolini

 

La lettera esprime tutta la drammatica tensione che Pasolini ha vissuto nella sua vita e la profondità con cui ha vissuto ogni istante. Conscio della propria condizione, afferma che solo la Grazia potrebbe “sbloccarlo”. Drammaticamente prigioniero della sua condizione “così che la mia corsa (è) un essere trascinato via, con il capo che sbatte sulla polvere e sulle pietre”. Alla conclusione di quest’anno a lui dedicato, ascoltiamo con grande attenzione il grido disperato e allo stesso tempo profondo e dignitoso di questo grande spirito che non finisce mai di stupire e di colpire.

Dove e quando:
Pier Paolo Pasolini (1922-1975)